Dove ha inizio l'illusione...

Da qualche tempo va diffondendosi la bizzarra teoria secondo la quale la Terra non sarebbe uno sferoide in rotazione su se stesso ed orbitante attorno al sole, bensì un disco piatto ed immobile, coperto da una cupola di materiale ignoto. Il centro di questo disco sarebbe occupato dall'artico, mentre l'antartico rappresenterebbe uno smisurato anello di ghiaccio che ha la funzione di contenere le acque degli oceani.

Coloro che credono in questa teoria, i flat-earthers, sostengono che l'intera popolazione mondiale sia da sempre indottrinata da una elìte imperante che ci manipola attraverso le scuole, i mass media e, in special modo, la NASA che avrebbe il ruolo chiave di produrre finte missioni spaziali e finte immagini dello spazio. La Terra sferica sarebbe un inganno propinatoci fin da piccoli per non consentirci di conoscere la verità. Per corroborare il loro credo e per fare proseliti, da qualche tempo i flat-earthers stanno inondando internet di materiale multimediale che proverebbe, secondo quanto sostengono, la Terra piatta. Nonostante queste presunte prove siano campate in aria, riescono comunque a confondere ed a fare presa su molte persone che, per le ragioni più disparate, non sono equipaggiate con sufficienti conoscienze logico-matematiche utili a smascherare la truffa.

Sono convinto che nel movimento dei flat-earthers ci siano molte persone genuinamente convinte che la Terra sia piatta, ma risulta abbastanza evindente che a capo di questa faccenda ci sia qualcuno che ci sta lucrando.

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martedì 28 febbraio 2017

Il programma spaziale sovietico - prima parte



La fine della seconda guerra mondiale lasciò spazio alla cosiddetta Guerra Fredda (termine coniato da George Orwell) che contrassegnò un periodo di contrapposizione politica particolarmente delicata tra le due super-potenze statunitense e sovietica, portando l’intero pianeta sull’orlo di una terza guerra mondiale, questa volta, a carattere nucleare.
Questo periodo di forti tensioni tra i due paesi fu davvero controverso, perchè se da un lato portò entrambi gli schieramenti a risoluzioni potenzialmente disastrose (corsa agli armamenti nucleari, guerra del Vietnam, crisi della Baia dei Porci, Maccartismo), non possiamo dimenticare che la Guerra Fredda fu la spinta propulsiva inequivocabile verso l'esplorazione spaziale, con tutti i progressi tecnologici che ne seguirono, come lo sviluppo della tecnologia satellitare con satelliti gps, oppure alla stessa Internet, sviluppata originariamente con il nome di Arpanet da un'agenzia del ministero della difesa statunitense.  

In questo articolo, non ho intenzione di illustrarvi la tecnologia derivante dalla corsa allo spazio, ma vorrei parlarvi di una storia poco nota, quella che riguarda le conquiste spaziali dell'Unione Sovietica, proprio durante il periodo della Guerra Fredda.

- Vi racconterò, insomma, del programma spaziale sovietico e di come divenne, in certe fasi, più avanzato di quello statunitense.

- Vi mostrerò come le accuse rivolte alla NASA di nascondere la vera natura della Terra attraverso presunti filmati hollywoodiani, non hanno alcun senso, dal momento che l'agenzia spaziale russa produsse foto e video dallo spazio del tutto simili a quelli della NASA e realizzò satelliti, sonde spaziali e stazioni orbitanti disputandosi con gli Stati Uniti il primato della conquista dello spazio.


La possibilità, per i sovietici, di poter intraprendere un programma spaziale si presentò al termine della guerra, grazie alla cattura da parte dell'armata rossa di centinaia di tecnici tedeschi che si occupavano della realizzazione dei V2 presso lo stabilimento di Peenemünde.


In questa immagine potete vedere un V2 presso lo stabilimento di Peenemünde, tratto dagli archivi tedeschi.  Di Bundesarchiv, RH8II Bild-B2054-44 / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5441544


Grazie al know-how tedesco, quindi, i russi riuscirono a replicare i V2 tedeschi realizzando i missili balistici denominati R-1.


Missile R-1, pronto per un test balistico

Qui potete trovare qualche informazione ulteriore sulle caratteristiche degli R-1.

Con l'R-1, l'Unione Sovietica provò a se stessa che era finalmente capace di produrre misssili alla pari dei tedeschi e degli americani. Passò, quindi, dalla copia del V2 tedesco alla realizzazione di prototipi nuovi di zecca, sperimentando diverse soluzioni per l'attacco missilistico a corto e medio raggio.

Di seguito, sono illustrati i principali modelli sviluppati durante il primo periodo del programma missilistico sovietico tra il 1947 ed il 1953:

Ma l'obiettivo dei sovietici era decisamente quello di spingersi oltre, soprattutto in campo militare:

Gli R-1 ed i modelli successivi,  erano tutti a corta/media gittata e, soprattutto, non erano in grado di trasportare le pesanti testate nucleari sovietiche. Quindi occorreva produrre motori molto più potenti che utilizzassero propellente liquido (i modelli a corto raggio andavano ad etanolo) e serbatoi criogenici, capaci di mantenere il propellente in forma liquida.

Il programma spaziale sovietico cominciò proprio grazie a questa nuova generazione di missili, con la realizzazione dell'R-7 "Semyorka", il primo razzo ICBM (Intercontinental Ballistic Missile, ovvero a gittata intercontinentale), che si rivelò essere un perfetto vettore per i lanci spaziali.

(anche gli Stati Uniti stavano lavorando su un ICBM, l'ATLAS, il cui primo lancio di successo avvenne solo il 28 novembre del 1958, dopo svariati fallimenti)





Di fatti, una versione modificata di questo missile diede all'Unione Sovietica il suo secondo primato:

il 4 ottobre 1957 venne messo in orbita ad una altezza di 577 km il primo satellite artificiale creato dall'uomo, lo Sputnik 1, bruciando gli Stati Uniti sul tempo. 

Quindi, l'URSS collezionò due primati in un unico lancio.




Lo Sputnik 1 fu il primo tentativo riuscito di mettere un satellite artificiale in orbita attorno alla Terra, seguendo l'intuizione avuta da Isaac Newton più di duecento anni prima, pubblicata nel 1728 sul suo trattato Treatise of the System of the World and De mundi Systemate:

Se si riesce a lanciare un proiettile balistico ad una velocità sufficientemente alta, questo non ricadrà sulla superficie terrestre, come ci si potrebbe aspettare, ma inizierà ad ORBITARE indefinitamente attorno alla Terra.


Questa condizione si ottiene grazie al bilanciamento tra forza di gravità e forza centrifuga e dipende esclusivamente dalla velocità tangenziale raggiunta, come abbiamo visto qui.


Lo Sputnik 1 era un oggetto relativamente semplice dal peso di 83,6 kg ed un diametro di 58 cm. Aveva un involucro a guscio sferico in lega di alluminio dal quale spuntavano 4 antenne di trasmissione, agganciate ad un dissipatore termico.

Al suo interno, trovavano alloggiamento 2 radio trasmettitori, una ventola di raffreddamento e 3 batterie zinco-argento (2 per alimentare le radio, la terza per la ventola). La sfera era riempita di gas azoto secco ad una pressione di 1,3 atmosfere. Quando la temperatura interna raggiungeva i 30°C, il ventilatore si attivava autonomamente fino a riportare il livello sotto i 23°C.

 

Oggigiorno, la notizia della messa in orbita di un nuovo satellite ci emoziona, ma non più di tanto.

All'epoca, invece, l'annuncio del lancio dello Sputnik1 fu un evento sensazionale che elettrizzò l'intera popolazione mondiale. Tantissima gente si assembrò all'aperto cercando di scorgere in cielo il passaggio di un puntino luminoso che si muovesse diversamente dal fondale stellato.
 
Molti rimasero incollati alle loro radio per ore ed ore sperando di cogliere il segnale trasmesso dal satellite durante il suo transito.


Per sentire questo semplice, ma ricco di significato, beep intermittente.



Il giorno successivo, i giornali di tutto il mondo parlarono della "luna" artificiale sovietica che, per la prima volta, aveva raggiunto i confini celesti aprendo la strada all'esplorazione spaziale.


Forse qualcuno non ne avrà ancora colto l'importanza, ma il lancio del primo Sputnik fu la miccia esplosiva sia per la Guerra Fredda, che per la corsa allo spazio.

Non solo l'URSS aveva tirato fuori dal nulla lo Sputnik sorprendendo il mondo intero e mettendo in discussione la supremazia tecnologica americana, ma l'R-7 con testata atomica avrebbe consentito ai russi di colpire qualsiasi obiettivo a lunga distanza. Inoltre, in virtù del suo primato, l'Unione Sovietica avrebbe potuto facilmente reclamare il controllo del traffico orbitale attorno alla Terra.


L'apprensione degli USA salì alle stelle quando, il 3 novembre dello stesso anno, i sovietici mandarono in orbita un nuovo satellite artificiale: lo Sputnik 2.

Dopo appena un mese dal lancio del primo satellite, l'Unione Sovietica bissava l'impresa, andando a cogliere il suo terzo primato, quello di portare in orbita terrestre un essere vivente: 
la cagnolina Laika.

 

Come era successo per il primo Sputnik, anche il nuovo satellite trovava posto sotto la punta a cono del missile. Lo Sputnik2, però, era di poco più grande, tanto da ospitare l'alloggiamento della cagnolina.






Laika era una bastardina catturata con altri cani randagi per le strade di Mosca.
Assieme ad altre cagnette (venivano impiegate le femmine, poichè più docili dei maschi), venne "arruolata" al programma spaziale sovietico in virtù della sua minutezza. Laika e le sue compagne vennero scelte anche per la loro resistenza alle prove d'accelerazione nei test alla centrifuga che, comunque, poneva pesantemente sotto stress gli animali triplicando la velocità del loro battito cardicaco.

Laika venne sottoposta, con gli altri animali, ad un periodo di addestramento/tortura, durante il quale fu costretta a vivere in spazi sempre più angusti ed a nutrirsi solo di cibo gelatinoso, lo stesso che avrebbe trovato a bordo del razzo.

Alla fine, lei fu scelta per essere mandata in orbita con lo Sputnik.
Un destino impietoso il suo, dal momento che per la prima cosmonauta della storia non era stato studiato alcun sistema di recupero. 

I russi ammisero solo dopo molto tempo che Laika non sarebbe sopravvissuta all'impresa, precisando che sarebbe stata addormentata ed avvelenata a meno di una settimana dal lancio, prima che la scarica delle batterie e lo spegnimento di tutti gli apparati rendesse la vita impossibile a bordo.

Ma la cagnetta non sopravvisse così a lungo.

Quello che subì Laika nello Sputnik durante la missione fu rivelato solo molti anni dopo dallo specialista addetto al monitoraggio dei dati biometrici della cagnolina. 

Egli raccontò che i battiti del suo cuore aumentarono all'impazzata all'avvio dei motori del razzo.
Raggiunta la velocità orbitale, un’avaria impedì all’ultimo stadio del razzo vettore di distaccarsi dallo Sputnik, impedendo il corretto funzionamento dell’impianto di ricircolo dell’aria e trasformando l'abitacolo in una trappola termica, oscillante tra il caldo e il freddo estremi.
Quando il satellite raggiunse la quota prestabilita, l'assenza di peso fece fibrillare, a battiti irregolari, il cuore di Laika.

Alla quarta orbita, dopo 5 ore di tormento, il tracciato divenne misericordiosamente piatto.

Laika morì di terrore e di stenti, di troppo caldo e troppo freddo, di fame e sete, poche ore dopo il lancio.

Il Cremlino mentì su tutta la linea, sia sulle condizioni di salute di Laika, sia sulla possibilità di riportarla sana e salva a terra. Per oltre quattro giorni, i portavoce del programma sovietico dissero che Laika stava bene e che mangiava regolarmente.


Quando,  ancora sotto la falsa notizia che la cagnetta era viva, l'annuncio riguardante l'impossibilità di farla tornare a terra venne diffuso, ci furono calorose proteste di fronte alle ambasciate sovietiche di tutto il mondo da parte di associazioni animaliste e gente comune. Le persone, che si erano riunite  e raccolte in preghiera, chiesero di indire al livello mondiale un minuto di silenzio per ogni giorno di permanenza di Laika in orbita.


Chiaramente, non ci fu alcun tentativo di salvare Laika da parte dei russi, che erano perfettamente consci del decesso prematuro della cagnetta.

Il corpo esanime di Laika si incenerì assieme allo Sputnik 2 quando, dopo 162 giorni dal lancio, il satellite rientrò nell'atmosfera terrestre.

Alla cagnolina vennero resi tutti gli onori di stato attraverso monumenti e francobolli dedicati, seguendo la perversa logica secondo la quale Laika si sarebbe immolata da eroina per la gloria della grande Madre Russia.



Il programma spaziale sovietico non poteva arrestarsi in seguito ad un insuccesso. La competizione con gli statunitensi per la conquista dello spazio era appena cominciata ed i russi non avevano alcuna intenzione di concedere terreno.

I responsabili del programma fecero sapere, tramite la Pravda, che la cagnolina aveva fallito nel suo compito di fornire dati esaustivi e che, quindi, erano pronti ulteriori lanci di satelliti e sonde con animali a bordo, da riportare a terra vivi o morti. Purtroppo, l'impiego di animali per le missioni spaziali non cessarono nè da parte dei sovietici, tantomento da parte degli statunitensi.


Il programma Sputnik proseguì a spron battuto, come un treno in corsa senza fermate.


Il 15 maggio del 1958 venne lanciato lo Sputnik 3


Lo Sputnik 3 era un vero e proprio laboratorio di analisi dell'atmosfera terrestre con l'ulteriore l'obiettivo di avvvicinarsi ed analizzare le particelle ionizzate delle Fascia di Van Allen interna (tra i 1000 km e 6000 km di distanza dalla superficie terrestre).

In realtà sarebbe dovuto essere il primo satellite ad essere messo in orbita, ma vi furono dei problemi tecnici che ne fecero slittare il lancio. I russi volevano battere sul tempo gli statunitensi e quindi optarono per il più semplice Sputnik1.

Questo satellite aveva in dotazione dodici strumenti scientifici, utili a raccogliere dati sulla composizione dall'alta atmosfera, sulla pressione, sulla presenza di particelle cariche, sui fotoni nei raggi cosmici, sui nuclei pesanti nei raggi cosmici, sui campi magnetici ed elettrostatici e sulle particelle meteoriche.


Lo Sputnik 3 seguì un'orbita ellittica eccentrica, in modo da poter attraversare ed indagare i diversi strati atmosferici terrestri. Il punto più vicino alla Terra, il perigeo, si trovava ad una quota di 217 km, mentre quello più lontano, l'apogeo, si trovava a 11864 km.


Il satellite orbitò per ben 2 anni prima di rientrare nell'atmosfera, ma non riuscì ad analizzare le radiazioni delle fasce di Van Allen a causa di un errore nel fissaggio del nastro di registrazione.


Due anni dopo, il 15 maggio del 1960 fu la volta dello Sputnik 4
(denominato anche Korabl-Sputnik 1, ovvero  prima navicella spaziale-satellite)



Lo Sputnik 4 fu il primo satellite progettato per lo studio di un possibile volo spaziale umano, che inaugurò un nuovo filone del programma spaziale sovietico: il programma Vostok, del quale lo Sputnik 4 rappresentava il test di lancio.




Possiamo dire che lo Sputnik 4 fu il primo prototipo di navetta spaziale, incorporando una cabina monoposto  di autosostentamento biologico per un possibile soggiorno umano.

Lo scopo della missione era quello, per l'appunto, di verificare se un astronauta avrebbe potuto sopravvivere al bioclima creato nella capsula ed alle sollecitazioni che avrebbe potuto subire durante il volo.

In questo primo test, comunque, i russi non si arrischiarono a mandare in orbita una persona, ma venne impiegato un manichino che riproduceva un cosmonauta.  Per rendere la missione più verosimile, la navetta fu equipaggiata con comunicazioni preregistrate in modo da verificare anche la robustezza del sistema di telecomunicazioni tra lo Sputnik e la base a terra.


Questa missione, però, fu un parziale fallimento, dal momento che, dopo 5 giorni dal lancio, ci fu una esplosione che mandò il satellite fuori rotta, inibendo qualsiasi tipo di radiocontrollo e ricezione dati da parte dei russi.

Lo Sputnik 4 rimase, quindi, inutilizzato per circa 2 anni in un orbita indesiderata, fino a quando non rientrò nell'atmosfera terrestre, incenerendosi, eccetto 9 kg della struttura metallica che caddero su una strada del Wiscounsin.

Punto segnalato dove avvenne l'impatto dello Sputnik 4


Porzione del satellite rimasto integro dopo l'impatto


Non è chiaro se i russi avessero già messo a punto il sistema di rientro del modulo, dal momento che negarono qualsiasi interesse nel recuperarlo.

Questa missione fu oggetto anche di speculazioni complottistiche: i segnali radio con voce registrata trasmessi dal satellite vennero intercettati anche da due fratelli italiani appassionati di telecomunicazioni: Achille e Giovanni Judica Cordiglia


A seguito delle intercettazioni si creò un movimento di persone che sosteneva l'esistenza di un certo numero di "cosmonauti perduti", morti nello spazio prima e dopo Gagarin, che il regime dell'ex-URSS non abbia voluto rivelare, nell'ottica di propaganda mediatica all'epoca della Guerra Fredda.


Le capsula bioclimatica impiegata in questa, come in molte missioni successive, venne chiamata Vostok, così come il vettore di lancio (si trattava di un missile Semyorka modificato), ma solo le  missioni che riguardarono lanci spaziali con esseri umani vennero denominate Vostok.

I russi avevano ancora molto da lavorare sul modello di satellite che avrebbe dovuto portare il primo uomo in orbita, quindi il 19 agosto del 1960 lanciarono lo Sputnik 5 in una missione che impiegava di nuovo degli animali

(denominato anche Korabl-Sputnik 2)


Il modello dello Sputnik 5 era del tutto identico a quello del satellite precedente, con la capsula spaziale Vostok progettata per un volo spaziale umano.

Protagoniste di questa nuova missione, però, furono di nuovo due cagnette,  Belka (scoiattolo) e Strelka (piccola freccia) (arruolate a forza al programma spaziale sovietico assieme a Laika), assieme a 20 ratti, 2 topi e svariate piante.
Questa volta la missione fu piuttosto breve: il satellite-navetta spaziale rimase in orbita per sole 25 ore compiendo solo 17 giri della Terra.

La sorte di Belka e Strelka fu ben diversa da quella della loro compagna, Laika: i russi avevano tutta l'intenzione di recuperare vive le due cagnette ed il resto dell'equipaggio in modo da testare il sistema di rientro della capsula e lo stato di salute degli animali.

Recupero della capsula con dentro Belka e Strelka

La missione fu un successo. Gli animali, tornati a terra, erano spaventati e disorientati, ma si presentavano in buone condizioni di salute.
Belka e Strelka vennero portate in conferenza stampa e presentate in ogni occasione in cui potessero essere esposte ai mass-media mondiali.




La sperimentazione con gli animali continuò anche con la missione successiva.

Il 1° dicembre del 1960 venne lanciato in orbita lo Sputnik 6
(denominato anche Korabl-Sputnik 3)

La missione fu pressochè identica alla precedente ma vennero impiegate altre due cagnette: Pchelka (apetta) e Mushka (moschina).

 

Purtroppo, la sorte di queste due cagnette non fu benevola come quella di Belka e Strelka.

Questa missione mise in evidenza un problema strategico per i sovietici: erano in grado di far tornare a terra le loro capsule, ma non erano ancora in grado di decidere con precisione dove sarebbero dovute atterrare.

I moduli di rientro erano dotati di retrorazzi che dovevano servire proprio per poter controllare, con una certa approssimazione, il luogo di atterraggio ma, evidentemente, il dispositivo non funzionava ancora come avrebbe dovuto. Fu evidente il fatto che una possibile missione con a bordo un essere umano doveva ancora attendere.

La storia di questa missione, si ammantò di mistero, dal momento che vennero fuori due versioni distinte riguardo al suo epilogo e quello delle due cagnette:

1)  La capsula di rientro finì nelle acque dell'oceano pacifico e fu impossibile rintracciarla
2) La capsula fu distrutta mediante delle cariche esplosive per impedire che finisse in mani straniere, non filo-sovietiche.  

A seguito di questo fallimento, i sovietici spostarono momentaneamente la loro attenzione su un altro progetto tentando qualcosa mai concepita prima, nemmeno da loro.

Il 4 febbraio del 1961, lanciarono lo Sputnik 7, che non era un vero e proprio satellite, ma una sonda spaziale da indirizzare verso Venere
(denominato Tyazhely Sputnik, satellite pesante, e conosciuto anche come Venera 1VA No.1)



Con questa missione, quindi, L'URSS stava aprendo un altro filone del suo programma spaziale, VENERA, con linvio di sonde verso il pianeta Venere.
 
Per effettuare questo lancio, occorreva una ulteriore spinta propulsiva al momento di abbandonare una momentanea orbita di parcheggio. Venne, quindi, impiegato un razzo vettore Molnija, una variante del Semyorka a quattro stadi, nel quale l'ultimo stadio conteneva il propellente per dare alla sonda la giusta velocità di fuga.

La navicella entrò in orbita attorno alla Terra, ma il quarto stadio che doveva lanciarla verso Venere non funzionò e la sonda restò in orbita terrestre. Una cavitazione nell'ossigeno attraverso la pompa di ossigenazione fece spegnere i motori dello stadio 8-10 secondi dopo l'accensione.

Il suo rientro in atmosfera avvenne il 26 febbraio del 1961, cadendo sulla Siberia.

I russi, però avevano pronta la sonda gemella che inviarono verso Venere il 12 febbraio del 1961 con lo Sputnik 8 (denominato Venera 1)

Di questa missione e delle altre missioni che riguardano le numerosissime sonde spaziali sovietiche inviate verso varie destinazioni spaziali vi parlerò negli articoli successivi.

Dopo la parentesi costituita dai test iniziali del Programma Venera, l'URSS riprese le missioni per testare la sicurezza ed affidabilità di rientro delle capsule Vostok mediante due ultime missioni Sputnik: Sputnik 9 (9 marzo del 1961) e Sputnik 10 (25 marzo del 1961)

All'interno dello Sputnik 9 venne di nuovo impiegata una cagnolina, Chernushka, assieme a qualche topo e ad un porcellino d'india.

Chernuschka

Mentre all'interno dello Sputnik 10 venne adoperata la cagnolina di nome Zvezdochka "stellina"


Zvezdochka
In entrambe le missioni, venne utilizzato anche un manichino che fu chiamato Ivan Ivanovich.

Nel casco del manichino Ivan Ivanovich venne messo un cartello con su scritto MAKET che significava, per l'appunto, manichino. Ciò serviva ad indicare che non si trattava di un essere umano nel caso l'atterraggio del sedile eiettabile fosse avvenuto vicino zone abitate.
L'impego di Ivan Ivanovich fu molto importante perchè permise di testare il meccanismo del sedile eiettabile  che venne inserito all'interno della capsula bioclimatica Vostok.

I sovietici avevano studiato un sistema separato per il recupero della capsula con all'interno gli animali e dell'astronauta seduto sul sedile eiettabile. 


Entrambe le missioni furono un successo.
I sovietici riuscirono a recuperare sia le capsule con gli animali vivi, che i manichini sui sedili eiettati. 

Queste missioni conclusero il programma Sputnik aprendo nuovi capitoli della missione spaziale sovietica che, però, vi racconterò negli articoli successivi.

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Come avrete potuto capire, la storia della corsa allo spazio è ricca di eventi che non possono essere negati e banalizzati attraverso la mistificazione fantasiosa terrapiattista.

I satelliti artificiali non sono affatto una mera fantasia di Arthur Charles Clarke, trasformata in finzione cinematografica dagli STUDIOS americani.

La prima a realizzare satelliti artificiali fu l'Unione Sovietica, costruendone una decina tra il 1957 ed il 1961, sorprendendo il mondo intero ed intimidendo gli impreparati Stati Uniti.  
Furono proprio i sovietici, con le loro missioni, ad acuire il clima politico problematico con gli americani; non avrebbero mai avuto alcun interesse nel partecipare ad una eventuale messinscena cinematografica americana nè, tantomeno avevano una "hollywood russa" per falsificare le missioni Sputnik.

lunedì 20 febbraio 2017

La percezione della curvatura


Uno dei cavalli di battaglia, tanto caro ai flatearther, è quello che riguarda una presunta incongruenza di percezione della curvatura dell'orizzonte sul modello sferico della Terra.

La domanda che i sostenitori della terra piatta pongono è la seguente: 
Come mai, se vedo la curvatura attraverso una nave che scompare all'orizzonte a 5 miglia di distanza (8km), non sono in grado di vederla sulla linea d'orizzonte che è lunga il doppio?

  

La risposta è abbastanza facile.
Quando noi guardiamo una nave scomparire dietro l'orizzonte, non è che vediamo la curva della superficie terrestre, ma la intuiamo proprio in base a quello che succede alla nave.
 
Sequenza tratta dal video "Observations Repeated - Ship over the Horizon" di Reds Rethoric
Da questa sequenza, riusciamo a capire che la nave si sta abbassando dietro la linea d'orizzonte, rispetto al punto di vista. Come abbiamo già visto qui e qui, non potremmo mai vedere lo stesso fenomeno accadere su una Terra piatta. Come vi abbiamo già raccontato negli articoli appena citati, la prospettiva non ha niente a che vedere con la sparizione graduale delle navi dietro l'orizzonte.

Se vediamo la nave scomparire è perchè, effettivamente, succede esattamente quello che vediamo: abbassandosi per via della curvatura, la nave va a nascondersi  dietro l'ostacolo costituito dalla superficie terrestre incurvata. La linea d'orizzonte è quella che percepiamo come il limite superiore di questa incurvatura, rispetto al nostro punto di vista. 


Ma c'è un altro aspetto che, nella descrizione FE non torna: 
Non è affatto vero che riusciamo a vedere, ad occhio nudo, la nave scomparire all'orizzonte, come si vuole far intendere nella domanda.

Guardate questo spezzone del video, realizzato dalla flatearther EmptyThea FilleDelphia cercando di dimostrare, fallendo clamorosamente, che la nave indicata non scompare dietro l'orizzonte (qui trovate il video originale):

(Per chiarezza, nell'animazione qui sopra ho eliminato alcuni spezzoni dal video originale, in modo da rendere la zoomata più fluida)
Lo vedete di quanto viene spinto lo zoom per poter inquadrare correttamente la nave in lontananza? (da una stima grossolana siamo sull'ordine del 30X)

La cosa che sfugge a molti è che se utilizziamo lo zoom in questa maniera, non solo stiamo ingrandendo di molto l'oggetto d'interesse, ma enfatizziamo anche il dislivello che raggiunge la nave, una volta superata la linea d'orizzonte. Possiamo percepire la curvatura da questi video esclusivamente perchè vengono utilizzati degli zoom abbastanza potenti.

L'entità del fenomeno che osserviamo riguarda un abbassamento della nave di qualche metro su una distanza di circa 8 km (5 miglia).
Ma se non riusciamo a vedere la nave, ad occhio nudo, come potremmo mai riuscire a vedere il suo abbassamento, senza averlo ingrandito con uno zoom?

Quindi non solo a bassa quota non siamo in grado di vedere la linea dell'orizzonte incurvarsi, ma anche davanti a noi la curvatura è difficile da cogliere, altrimenti non avremmo avuto bisogno di uno zoom. Per il resto, la curvatura si vede perfettamente ad alta quota, come abbiamo visto qui e qui.

Come potete capire anche da voi, anche questo ragionamento dei flat-earther è fallace come, praticamente, tutti gli altri loro ragionamenti.

Ovviamente, anche l'atra famosa idea terrapiattista secondo la quale, utilizzando uno zoom più potente, riesco a riportare in vista un'intera imbarcazione nonostante abbia superato la linea d'orizzonte è una menzogna plateale.

Non esiste zoom al mondo che possa riportare alla vista un intero oggetto che si trovi oltre l'orizzonte.

Nel seguente video, fivereadpears mostra come sia chiaramente impossibile vedere un centimetro in più dello skyline di Toronto, andando ad aumentare lo zoom.



Non vi fate ingannare dalle frasi dette dai flat-earther. Ripeterle o sentirle ripetere milioni di volte non le trasformerà in verità consolidate.

Ragionate ed approfondite sempre con mente critica se quanto affermato corrisponde al vero.